“Mourir, ce n'est rien. Commence donc par vivre. C'est moins drôle et c'est plus long.“ Jean Anouilh
Non l’ha mai voluta vedere, se non da lontano, per scuotere la testa con disappunto. Ogni volta che stava appena a galla, ogni volta che sotto i suoi piedi nudi a stento tremavano i sassolini o piegava la testa quando i figli di Zeus le dicevano come comportarsi e cosa pensare. Allora interveniva sua madre, Amphirite, ma il suo amore non era abbastanza grande da oscurare la delusione che era per Poseidone. Non che questo gli desse poi così pensiero, sull’Olimpo aveva decine di fratelli e sorelle, tutti più degni di lei di quel sangue divino. Per Amphirite andava bene così, pallida e magra, brava solo a giocare con le nuvole e a recitare tragedie.
Finchè non è cominciata la mia.
“Et puis, surtout, c'est reposant, la tragédie, parce qu'on sait qu'il n'y a plus d'espoir, le sale espoir ; qu'on est pris, qu'on est enfin pris comme un rat, avec tout le ciel sur son dos, et qu'on n'a plus qu'à crier, - pas à gémir, non, pas à se plaindre, à gueuler à pleine voix ce qu'on avait à dire, qu'on n'avait jamais dit et qu'on ne savait peut-être même pas encore. Et pour rien : pour se le dire à soi, pour l'apprendre, soi.” Jean Anouilh
Silene vorrebbe disperatamente che questa fosse solo un’opera, ma la verità è che non sa quale sarà il finale. Il suo destino, come quello di tutti è scritto nelle stelle, che non si premurano d’altro se non di brillare, lasciandola senza risposte. Vorrebbe, più di ogni altra cosa, avere la certezza che i suoi tormenti avranno presto fine, ma la verità è che l’incertezza del suo fato le concede qualcosa di terribilmente pericoloso. La speranza.
Ah la speranza, il più crudele dei sentimenti, che la costringe a non lasciar andare quel filo sottile.